Giornata mondiale della poesia. Philip Larkin

Mamma e papà ti rovinano

Larkin

Sia questo il verso

Mamma e papà ti rovinano la vita.
Non vorrebbero, magari, ma lo fanno.
Prima ti riempiono dei difetti che hanno loro,
poi ne inventano altri, per te solo.

Ma loro stessi sono stati rovinati
da imbecilli con cappotti e cappelli fuori moda
che passavano metà del tempo a far moine
e l’altra metà cercando di strozzarsi.

L’infelicità passa di mano in mano.
Sempre più a fondo, come una scogliera.
Tu togliti dai piedi appena puoi,
e non mettere al mondo dei bambini.

Philip Larkin

Traduzione di Claudio Giunta e Gianluigi Simonetti

Foto: Simon Knott CC

Addeltarsi nel Po

Addeltarsi nel Po

Bisogno di silenzio, di solitudine… di tacere, di sparire (…) Sono partito perché mi sentivo un essere che nascondeva una perdita, una scomparsa nella quale si rispecchiava il proprio, personale, annientamento. Volevo vivere, essere in mezzo agli altri, ma come attraverso un letargo invisibile.

Pier Vittorio Tondelli: Opere (cronache, saggi, conversazioni). Un weekend postmoderno, a cura di Fulvio Panzeri, Bompiani 2001, pag. 350.

Il Po attraversa la mia città e passa a cento metri dalla mia casa. È un luogo che fa ormai parte dei miei paesaggi dell’anima, come il grande scoglio che sorge in Sardegna davanti al paese in cui sono nato, o la point du Raz in Bretagna. Per diversi motivi, ciascuno di essi ha rappresentato qualcosa di importante. Allora ho pensato di andare a scoprire la fine di questo scorrere potente, più volte imbrigliato ma domato soltanto dalla scarsità di pioggia e di neve. Read More

Torino 2050. Il futuro è di tutti

“Costruiamo insieme il futuro della città” è il sottotitolo dell’iniziativa Torino 2050 proposta in questi mesi dalla redazione torinese del Corriere della Sera. Un’esortazione alla coralità d’azione, alla creazione di un progetto di futuro. Pensando, idealmente, al 2050 come riferimento temporale. Per fare che cosa? Con quali contenuti? Con quali forze ed energie? Ieri sera alla Nuvola Lavazza di via Ancona a Torino si è svolto l’evento conclusivo, con numerosi ospiti a tirare le fila del dibattito condotto sulle pagine del giornale a partire dall’agosto scorso.

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“Il nostro dolore strumento per suscitare la pace”. McCann e la guerra a Gaza

“In una lettera a Rami, Bassam scrisse che una delle caratteristiche principali del dolore è che prima di tutto esige di essere sconfitto, poi compreso.

(Bassam): Non ho più tempo per l’odio. Dobbiamo imparare a utilizzare il nostro dolore. Investire sulla pace, non sul sangue, è questo che noi diciamo. (…) Noi non siamo privi di voce, per quanto silenzio c’è intorno. Abbiamo bisogno di imparare a condividere questa terra, altrimenti la dovremo condividere con le nostre tombe”.

Colum Mc Cann, Apeirogon, Feltrinelli 2021, pp. 241/279

“Isacco e Ismaele si ritrovano per dare sepoltura ad Abramo. Secondo la tradizione ebraica, la presenza di Isacco e Ismaele sul luogo di sepoltura del padre è indice della loro riconciliazione. E se loro hanno potuto farlo, può essere che anche gli arabi e gli israeliani ci riescano. (…) Molto più tardi Isacco, quando sta per incontrare la sua futura moglie Rebecca, si ritrova a meditare in un campo. Su cosa medita? (…) alcuni sostengono che Isacco pensa al fratellastro Ismaele, di cui sente la mancanza.”

Steve Reich, intervistato da Jonathan Cott. Dal libretto di scena dell’opera The Cave di Steve Reich e Beryl Korot, messa in scena al Teatro Regio di Torino 7-8 settembre 1994.

Apeirogon

Apeirogon è la storia vera di Rami e Bassam, due uomini divisi da un muro che hanno vissuto la stessa storia, la stessa lacerazione, la cui esistenza si è violentemente divisa in prima di e dopo di. Scritta a metà tra reportage e romanzo, in uno stile unico e coinvolgente da una grande penna d’Irlanda, questa storia conferma che le storie degli individui possono essere cartine di tornasole dei grandi eventi mondiali e scardinare il racconto ufficiale di chi sui muri, i confini e le divisioni tra il bene e il male, tra i buoni e i cattivi, tra i fedeli e gli infedeli costruisce le motivazioni dei propri sporchi interessi.

Ercole abbandonato in collina. Lo scempio di villa Capriglio

“Lungo la nuova strada che conduce a Pino Torinese, all’altezza del ponte e proprio all’altezza del suo parapetto, sul terreno lievemente scosceso, una grossa statua di marmo bianco, spezzata verso la base all’altezza delle ginocchia, giace sul prato della disabitata villa del Capriglio”. Un gigante di marmo bianco adagiato davanti a una villa abbandonata, forse di scuola juvarriana, da decenni ormai in stato di abbandono. Così racconta Dina Rebaudengo nel suo “Torino sconosciuta”, volume pubblicato nel 1978.

Un degrado irreversibile

La villa oggi è destinata a un degrado che sembra ormai irreversibile: il Comune di Torino ne è proprietario dal 1963, quando la rilevò dalla famiglia Cattaneo, dopo innumerevoli passaggi di proprietà. Nei primi anni Duemila venne concessa in uso all’associazione “I Leonardi”, nell’ambito di un programma di assegnazione di edifici comunali ad associazioni culturali o con finalità sociale, che si attivarono pur non essendo in grado di investire le ingenti risorse necessarie a un adeguato restauro conservativo ma con un contagioso entusiasmo.

Pochi anni dopo il sogno dei Leonardi fu cancellato dall’esigenza dell’Amministrazione di fare cassa con la cartolarizzazione di numerosi edifici di sua proprietà; fra questi, il Capriglio. Fallita la vendita dell’immobile, la villa è ormai un rudere destinato al crollo: sono stati persino rimossi i coppi sui muri perimetrali per accelerare il degrado.

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Per i bambini di Caivano è difficile andare a scuola

In un territorio come Caivano, dove 1 quinto della popolazione è rappresentato da bambine, bambini e adolescenti (il 20,7% pari a 7.474), solo il 17% degli alunni della scuola primaria ha accesso alla mensa scolastica e solo il 30% può frequentare il tempo pieno[1]. La carenza o la mancanza di questi servizi contribuiscono, negli anni, all’insuccesso scolastico: guardando alla fascia 25-49 anni, solo il 38,4% si attesta al diploma di scuola superiore, contro una media nazionale del 46,6%, mentre chi va oltre e si laurea è il 9,3%, la metà della media nazionale (18,6%) e una percentuale molto inferiore rispetto a quella del territorio provinciale (15,6%). Nella fascia 15-24 anni il 54,8% studia (meno della media nazionale pari 62,3%), il 14,5% è occupato (media Italia 20%), poco meno di 1 su 3 ingrossa le fila dei NEET (30,7%)[2].

[1] Elaborazione su dati Ministero dell’Istruzione e del Merito, a.s. 2021/22

[2] Fonte: Censimento ISTAT 2021

(comunicato Save the Children odierno)

Sulpò

Il lungo fiume tra i ponti di corso Regina e di piazza Vittorio è simile alla banchina di un porto senza barche. Dal basso fondale emergono, a tratti su questo lato del fiume, lunghi isolotti di sabbia e pietre, colonizzati da ciuffi d’erba e da anatre intirizzite.

Il fiume Po

Meno due, dice il termometro. A quest’ora la brina resiste sui tetti, pochi gli abbonati alla corsetta del mattino.

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David è vivo

Bisognerebbe restare interi giorni seduti nello statuario dell’Accademia fiorentina per cogliere tutte le sfumature che la luce naturale opera sul David di Michelangelo e sulle centinaia di manufatti che popolano i tre corridoi convergenti al centro, dove la statua viene illuminata da una grande cupola-lucernario. Sia estate o inverno, mattino o sera, piova o ci sia il sole. Luci e ombre, ma anche sottolineature di colore danno al candore del marmo i caldi riflessi della pelle. Come se David, la fionda in spalla e la pietra in mano, prendesse vita. Il miracolo nasce dalle momentanee condizioni dell’aria, della luce, delle ombre e dei riflessi, delle forme e dei colori. Basta sedersi, aspettare, e il miracolo avviene per la durata che vuol durare.

Lettera di primavera

Mia amata,

Oggi è il primo giorno di primavera e in questa stagione ogni giorno mi riporta l’eco della tua voce e l’immagine del tuo volto in cui amo perdermi. Ci sono istanti in cui vorrei essere con te lassù, al di là dello spesso strato di cemento che ci sovrasta, sotto le vere stelle di un vero cielo, a carezzare con la schiena una terra morbida e viva, odorosa di fiori. Insieme, a guardare il sole tramontare (il tramonto… che emozione vederlo nei vecchi film, nei documenti filmati degli esploratori, con le sue nubi stratificate dai mille colori) stretti nel nostro primo abbraccio. Cederei il resto dei miei giorni per vivere quell’istante, i sensi aperti ai tanti stimoli della natura, chissà quanti, chissà quanto intensi, forse troppi e stordenti. Ma le sensazioni scatenate da tali emozioni non reggerebbero il confronto con l’intensità di quelle che tu, vestita soltanto della tua fulgida presenza, provocheresti in me. Se tutto ciò fosse possibile…

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Da Visegrad con rancore

Sono passati più di trent’anni da quel 15 febbraio del 1991, quando i leader di alcune nazioni che appartenevano al disciolto Patto di Varsavia si riunirono a Visegrad per siglare il patto della speranza. La speranza di un futuro democratico e di uno sviluppo economico ricco di opportunità; di una migliore vita per tutti, libera e serena. E di poter, un giorno, essere accolti in quella Comunità europea di nazioni di cui erano parte prima che le aggressioni nazista e sovietica le mettessero in ginocchio.

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